Riccardo Belluta, classe 1962, è uno dei rappresentanti illustri dell'ultima generazione che ha conosciuto e appreso il biliardo all'italiana nella sua versione "classica" - quella con le buche - per poi diventare un campione sul tavolo internazionale, quello senza buche.
Nel 2012, intervistato per la trasmissione Rai Dedicato a... I Grandi del Biliardo di Auro Bulbarelli, Riccardo ha detto, a proposito della differenza tra il gioco classico e il gioco internazionale:
...c'è parecchia differenza. Il gioco con le buche era un gioco per giocatori esperti, ci volevano tanti anni per poterlo praticare con una certa avvedutezza [...] Era un gioco di malizie e di strategia. Ora il gioco è diventato un po più giovanile perché, non essendoci le buche, pericoli ce ne sono meno e premia di più giocatori giovani che tendono a buttare giù tanti birilli.
Recentemente ho avuto il mio primo incontro con un biliardo classico e per quattro giorni ho avuto la possibilità di giocarci per qualche ora.
Ho iniziato a giocare a biliardo oltre 20 anni dopo che il biliardo italiano classico con le buche era stato abbandonato in favore del biliardo internazionale. Ne ho sempre solo sentito parlare da papà , nonno e zio... non l'avevo nemmeno mai visto un biliardo classico. Magari proprio perché ne ho solo sentito raccontare, l'idea di poterlo provare, di poterci giocare e conoscere quel tipo di gioco mi ha sempre attratto.
L'incontro tra me e il biliardo classico non è stato casuale, avevo pianificato tutto per bene e mi ero preparato. Avevo il set di bilie e i birilli giusti, avevo studiato l'ultimo regolamento ufficiale Fibis ma anche le regole di gioco utilizzate più lontano nel tempo, mi ero informato su come si giocavano altri giochi popolari giocati su quel biliardo. Insomma, sapevo di avere un tempo limitato a disposizione per provare quel tavolo e ho fatto in modo di sfruttarlo al massimo.
In questo breve articolo c'è tutto quello che sono riuscito ad imparare in quelle poche ore e che ovviamente non pretende di essere l'opinione di un esperto ma solo la lista di impressioni che mi sono portato a casa.
Le buche
Al gioco dei birilli le buche non erano un tanto un'opportunità per fare punti (anche se imbucare la bilia avversaria o il pallino fruttava punti buoni) quanto piuttosto un opportunità per perderne. Erano più un "pericolo" come dice Belluta, anche perché, dopo l'imbucata di una delle due biglie, l'avversario giocava con biglia in mano.
Avevo due set di bilie a disposizione un paio del diametro di 69 mm e un paio da 67 mm. Appena ho poggiato le biglie sul nuovo tavolo ho cercato di capire come funzionassero queste buche particolari, strette e praticamente prive di "inviti" come nei tavoli da pool e snooker. Con stupore mi accorsi che le biglie da 69 mm non entravano nelle buche d'angolo nemmeno mettendocele con le mani, le buche erano da 68 mm, quindi ci entravno appena le biglie da 67 mm, quelle centrali invece erano più "comode". Giocando qualche ora ho imparato questo.
- Le buche centrali erano un vero pericolo e impedivano o ostacolavano diversi tiri.
- Le buche d'angolo non erano poi così pericolose, sfacci e raddrizzi si potevano giocare con sufficiente tranquillità di non imbucare la battente. I tiri in cui diventavano un pericolo per la battente erano gli sponda-biglia e i giri con arrivo in angolo.
- In generale le buche aggiungevano al gioco una certa dose di imprevedibilità , l'arrivo di una biglia in prossimità di una buca che urtava sul ganascino produceva cambi di traiettoria che potevano stravolgere un tiro.
- Allo stesso tempo le buche offrivano - come dice Belluta - un arma in più al giocatore esperto e smaliziato che sapeva usarle a proprio vantaggio.
Le buche erano senza dubbio anche un elemento che differenziava molto i tavoli, anche solo un millimetro in più o in meno poteva fare la differenza in partita e i giocatori che sapevano interpretare il biliardo erano ancora più favoriti rispetto ad oggi.
Le sponde tamburate
- Erano veloci! Parecchio veloci. Restituivano più spinta rispetto a quelle triangolari di sola gomma dei giorni nostri. Il biliardo su cui ho giocato aveva il panno malconcio e non era riscaldato, nonostante questo usando la forza delle tre passate e mezza del biardo moderno e riscaldato, di passate ne facevo 4.
- Meno sensibili agli effetti. Forma e struttura rendevano le sponde meno sensibili agli effetti fini rendendo il gioco più semplice.
- Quasi Geometriche. Rientro? Incandelamento? Praticamente non esistono sul biliardo classico. Le sponde rispondono in modo quasi geometrico, per questa ragione nei tiri di sfaccio e raddrizzo con avverssaria lontana dal centro non era sempre possibile passare più di una volta sul castello, non a caso sul biliardo classico si usava con molta più frequenza rispetto ad oggi la Sventaglina. Sempre grazie alla "Geometricità " delle traiettorie il gioco di calcio era un po più intuitivo, quindi più semplice, soprattutto per i neofiti.
- Alte, dannatamente alte. Ai tanti aspetti positivi di queste sponde si contrapponeva l'altezza, erano davvero alte, quasi quanto l'intera biglia, il chè rendeva davvero difficile il tiro con biglia sotto sponda.
Il pallino
Il diminutivo non era usato a caso, la terza palla era più piccola delle altre due di circa 10 mm. Di tutte le "stranezze" del biliardo classico, questa è quella che mi ha disarmato più di tutte, come le buche, anche il pallino più piccolo delle biglie contribuisce non poco a rendere il gioco inprevedibile. Giocando sul pallino con una forza diversa dall'accosto, sia di carambola che di casino era davvero difficile riuscire a prevedere traiettoria e rimanenza delle biglie. E anche giocare un accosto sul pallino alla ricerca di una steola era tutt'altro che facile, non solo perché il pallino aveva un ombra ridotta, ma perchè essendo più leggero delle altre due biglie, bastava andarlo a toccare con pochissima forza per farlo spostare di diversi centimetri rovinando una steola che sembrava ben riuscita.
Conclusioni
Prima di provare il vero gioco all'italiana ero curioso ed affascinato e devo dire che questa esperienza non ha fatto che accrescere la mia curiosità verso questo gioco ormai dimenticato. Belluta (manco a dirlo) ha ragione e ne ho avuto la prova. Classico e Internazionale sono due giochi davvero molto diversi, le mille insidie che il gioco classico nasconde diventano altrettante soluzioni tattiche nel bagaglio del giocatore esperto e smalizziato. Volendo concludere con una sintesi direi che se il gioco dei birilli moderno prevale la tecnica, nel gioco classico prevale la tattica.
Dopo questa esperienza non posso non chiedermi se nel passaggio al tavolo internazionale, ci abbiamo davvero guadagnato di più di quello che abbiamo perso.